Teoria del potenziale

La teoria del potenziale ha per oggetto la matematica dell'equilibrio e, in particolare, lo studio delle funzioni armoniche, dato il loro ruolo fondamentale nei problemi di equilibrio in un mezzo omogeneo. La terminologia è nata nell'ambito della fisica classica del XIX secolo, quando si pensava che tutte le forze fondamentali della natura derivassero da potenziali che soddisfacessero all'equazione di Laplace. In quel contesto culturale, la teoria del potenziale era quindi lo studio delle funzioni che potevano rappresentare matematicamente dei potenziali. Gli sviluppi della fisica moderna hanno rivelato come le forze, in natura, agiscano in modo diverso: le leggi che le descrivono sono sistemi non lineari di equazioni differenziali alle derivate parziali, come è il caso delle equazioni di Einstein e delle equazioni di Yang-Mills nella teoria quantistica, mentre l'equazione di Laplace rimane valida solo come caso limite.

Un inatteso sviluppo dei fondamenti teorici si è avuto nel corso del Novecento: infatti, già all'inizio del XX secolo, alcuni risultati di Kurt Otto Friedrichs e Richard Courant facevano emergere, in modo evidente, l'esistenza di un profondo legame tra la teoria del potenziale e alcuni concetti probabilistici legati alla matematica del moto browniano: affinché questa intima connessione fosse compiutamente esplorata e portata in luce, bisognò attendere la seconda metà del XX secolo e gli studi di molti matematici, tra i quali un ruolo preminente ebbero Shizuo Kakutani, Kiyoshi Itō, Mark Kac, Gilbert A. Hunt Jr, Joseph Leo Doob, Eugene Dynkin, Paul-André Meyer.


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